A Korogocho

Nella baraccopoli di Korogocho ( https://www.youtube.com/watch?v=fUCnnElJav8) vivono decine e decine di migliaia di persone. Sono ammassate in baracche di legno e lamiere, circondate da cumuli di rifiuti e rigagnoli di fogne a cielo aperto nella confusione di un commercio ambulante in cui si vende di tutto: dalla frutta alla carne, dai copertoni ai pezzi di ricambi, dai mobili alle immancabili maglie cinesi del Real e del Manchester.
Molti dei prodotti in vendita vengono recuperati dalla grande discarica che si alza come una collina al di là del fiume nero che scorre lungo il confine della baraccopoli.
 La discarica è enorme, rigonfia di rifiuti fumanti, e sprigiona una puzza che ti lascia senza respiro.
Sopra la discarica centinaia di persone, in gran parte donne e bambini, sono in cerca di cibo da recuperare e di altro materiale da recuperare dai camion che scaricano in continuazione e i rifiuti indifferenziati prodotti a Nairobi.
 Nel fiume nero altre persone si immergono sino al petto e aspettano i rifiuti che navigano, scegliendo quelli buoni da rivendere.
Gli avvoltoi marabù volteggiano sulla discarica in cerca di cibo da contendere ai poveri di Korogocho. 
La discarica è la “fabbrica” di Korogocho e da lavoro a chi ricicla i rifiuti di Nairobi provando a viverci. 
Non c’è acqua potabile  e non c’è luce in quelle baracche. Di poliziotti se ne vedono pochi, mentre nel centro di Nairobi sono dappertutto: davanti agli alberghi, ai ristoranti, nei mercati e nel bellissimo parco Hhuru.
Davanti alla missione comboniana di Korogocho c’è un grande spazio sterrato in cui tanti ragazzi giocano a calcio: è il primo segno di normalità che ho visto. Dietro il campetto, una specie di anfiteatro coperto con in fondo un altare, e dietro, in alto sempre la collina fumante di rifiuti.
La messa è una festa con centinaia di persone, davanti tanti bambini.
Su quell’altare per molti anni c’è stato padre Alex Zanotelli. (https://www.youtube.com/watch?v=QG98OtgW7lQ) Il 24 febbraio 1988 padre Zanotelli lasciò il mondo dei ricchi con destinazione Nairobi e il 14 gennaio 1990 arrivò a Korogocho e rimase in questa baraccopoli per 14 lunghi anni. 
A Nairobi di baraccopoli ce ne sono decine e hanno nomi strani : Huruma, Soweto, Kariobangi, Gitau, Kibera,Dandora, Mathare, Kangemi…
Korogocho vuol dire “confusione” e in effetti la prima sensazione è proprio quella del caos. Guruma invece vuol dire “pietà”, Kariobangi “mercato della droga”.
 Questi insediamenti sono come “sotterranei della vita” per nascondere agli occhi dei turisti che del Kenya devono conoscere solo il Kenia “presentabile”: il centro di Nairobi ordinato e pulito e soprattutto i meravigliosi Parchi di Masai Mara, del monte Kenya (https://www.kenyavacanze.org/safari/monte-kenya/), dell’Amboselli, dello Tsavo, del lago Nakaru e le bellissime spiagge dell’Oceano Indiano di Malindi e dell’arcipelago di Lamu (https://vimeo.com/83589644). 
Sono due mondi che non si incontrano e non comunicano.
Ma c’è anche un Kenya dove i poveri soffrono la fame, la violenza, la prostituzione, l’alcolismo, le droghe, la promiscuità,  lo sfruttamento del lavoro e in particolare di quello minorile.
 C’è un Kenya in cui i bambini non vanno a scuola, ma vivono in strada.
E tante ragazze sono costrette a prostituirsi e le vedi in centro, davanti agli alberghi, a tutte le ore.
 Gli aiuti ai Paesi poveri del mondo e in particolare dell’Africa sub sahariana negli ultimi anni hanno subìto un grave arretramento a causa della pandemia e oggi anche la guerra in Ucraina sta aggravando la situazione.
 Occorre reagire e operare per il rispetto degli impegni assunti dai grandi Paesi sviluppati per aumentare le risorse destinate alle popolazioni più povere del mondo. 
L’obiettivo dello 0,7% del PIL in aiuti pubblici allo sviluppo purtroppo è molto lontano dalla realtà.
Anche l’Italia fa molto meno di quello che dovrebbe. 
Le Nazioni Unite non hanno nessuna forza reale per far rispettare gli impegni dell’Agenda 2030.
 Non ci resta che la mobilitazione delle coscienze, del Volontariato internazionale, delle associazioni e delle ONG, per costringere gli stati più ricchi del Pianeta a fare il loro dovere di solidarietà e a rispettare i ripetuti impegni finanziari per contrastare la povertà.